Cosa simboleggia il falò? 
Per millenni il fuoco sacro è stato al centro d’importanti celebrazioni e riti di passaggio, perpetuati soprattutto in ambito contadino. Le origini della Befana, la “vecchia” che a cavallo della scopa porta doni nelle calze che i bambini lasciano appese prima di andare a dormire nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, sono legate alle tradizioni agrarie pagane: la “vecchia” che brucia rappresenta l’anno trascorso, dalle cui ceneri nascerà quello nuovo.

Alla Befana

Mi hanno detto, cara Befana,
che tu riempi la calza di lana,
che tutti i bimbi, se stanno buoni,
da te ricevono ricchi doni.
Io buono sono sempre stato
ma un dono mai me l’hai portato.
Anche quest’anno nel calendario
tu passi proprio in perfetto orario,
ma ho paura, poveretto,
che tu viaggi in treno diretto:
un treno che salta tante stazioni
dove ci sono bimbi buoni.
Io questa lettera ti ho mandato
per farti prendere l’accelerato!
O cara Befana, prendi un trenino
che fermi a casa d’ogni bambino,
che fermi alle case dei poveretti
con tanti doni e tanti confetti.

Gianni Rodari

Chi è quella Befana che… vien di notte? Siamo arrivati all’ultimo personaggio simbolo delle feste: la Befana. Cosa mette in risonanza? Quali simboli ci offre? Qual’è il suo ‘messaggio’? E’ una brutta vecchia che vola su una scopa come una strega, ma però… benefica: porta doni ai bambini. Ma allora, se è buona, perché viene bruciata nei tanti falò di ramaglia secca da potatura, che vengono accesi ovunque all’imbrunire? Questo rito richiama alla mente, in tutto e per tutto, quei roghi in cui venivano bruciate le streghe… La Befana infatti ha origini molto antiche, collegate a miti per cui, sui campi seminati, di notte, volavano figure femminili che benedivano il futuro raccolto. Anche nell’antica Roma, la dodicesima notte dopo il solstizio invernale, in cui si celebrava la morte e la rinascita di Madre Natura, creature femminili, sue incarnazioni, volavano sui campi per garantirne la fertilità. La Befana è quindi un simbolo di Madre Terra che, giunta alla fine dell’anno, vecchia e rinsecchita, dopo aver dato tutto ciò che poteva, si offre ancora, un’ultima volta, per essere tagliata ed ardere, non prima però di aver lasciato i doni, semi di nuova vita, per la prossima crescita. Bruciata diventa nutrimento del terreno. Muore per garantire vita alla Madre Terra giovinetta, che darà i suoi frutti a tempo debito. Al Solstizio-Natale è iniziato un nuovo ciclo di cammino verso se stessi con il Sole. E’ nato un nuovo livello di consapevolezza: nuova Luce, nuova Vita. Ma tutto è ancora immerso nelle tenebre di notti lunghissime e fredde, che fanno sentire lontani dal tempo dell’Abbondanza. La Befana chiede un salto netto: la scelta di fidarsi del nuovo e, dopo averlo onorato, di lasciar andare quello che non serve più per procedere. Come ogni montanaro che, prima della scalata, riduce all’essenziale l’equipaggiamento perché le cose superflue, nello zaino, aumentano la fatica e rallentano l’ascesa. Entrare in risonanza ‘omeopatica’ con l’Epifania è accogliere il suggerimento di guardarsi dentro per distinguere quello che davvero serve da ciò che può essere lasciato. Sembra un paradosso per vivere l’abbondanza serve riconoscere l’essenziale. I propri ‘rami secchi’ non possono essere tagliati e bruciati se prima non sono ONORATI. Molti rami vecchi, anche se rinsecchiti, non accettano facilmente di essere tagliati – sono affezionati a noi – e tantomeno li si potrà bruciare se non si agisce verso di loro nella GRATITUDINE per il tratto di strada in cui ci hanno accompagnato e per i risultati che comunque ci hanno permesso di arrivare a conquistare. Solo così poi il fuoco li trasformerà in Luce, facendoli tornare Luce.

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